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Lino Banfi: “Papa Francesco mi chiamava quando era arrabbiato”

  • Immagine del redattore: Silvio Prudentino
    Silvio Prudentino
  • 20 mag
  • Tempo di lettura: 2 min
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Lino Banfi tra risate e commozione: «Vorrei diventare il giullare del Papa»

“Mamma me la sono goduta più a lungo. Quando si ammalò, cercai per lei il miglior chirurgo. Dopo l’intervento, il luminare volle incontrarmi. Mi portò in uno sgabuzzino, chiuse a chiave. Pensai dovesse darmi notizie gravi. Invece si inginocchiò, mi baciò la mano e disse: ‘Ho sempre sognato di baciare la mano che ha toccato il c**o a Nadia Cassini’.”

È in aneddoti come questo che si manifesta l’essenza di Lino Banfi: capace di commuovere e, un attimo dopo, far scoppiare in una risata incontenibile. Un uomo vero, senza filtri, autentico. Spontaneo, sincero, socievole, di cuore. Lino rappresenta l’ultimo baluardo di un’Italia che ci è cara e familiare. La generazione dei “boomer”, quella che ancora oggi si rivede nei suoi occhi lucidi, nei suoi sorrisi larghi e nelle sue storie infinite. E se il nuovo avanza, ben venga: ma intanto Lino c’è ancora. E scusate se ce lo vogliamo godere per bene.

Il giullare del Papa

Intervistato da Aldo Cazzullo, firma di punta del Corriere della Sera, Banfi racconta con disarmante naturalezza perché ama far ridere e piangere, spesso nello stesso istante. Sono le stesse emozioni che cerca di trasmettere anche a Papa Francesco, con cui intrattiene un rapporto speciale:

“Voglio diventare il giullare del Papa. Quando lui è incavolato, mi chiama, e io lo faccio sorridere. Ogni tanto mi chiama davvero. Gli racconto gli episodi più divertenti della mia vita, ma anche quelli più tristi. Il mio sogno è sempre stato far ridere e far piangere insieme.”

In un’occasione, Banfi ha chiesto al Santo Padre una foto come simbolo d’amicizia:

“Lui ha messo via il bastone, e si è appoggiato a me.”

Gli anni della gioventù: espulso dal seminario

Lino entra in seminario da giovane: gli zii lo vedevano già futuro Papa. Ma le cose andarono diversamente:

“Mi cacciarono per indisciplina. Organizzavamo scherzi feroci, spiavamo le suore… Mi mettevano in ginocchio sui ceci, invano. Nelle recite sacre mi facevano sempre fare Giuda, ma riuscivo comunque a far ridere.”

Venne convocato dal vescovo, Monsignor Di Donna, un uomo di grande fede e oggi in odor di santità:

“Temevo un anatema terribile. Invece mi sorrise e mi disse: ‘Figliuolo, la tua vocazione non è il sacerdozio. La tua vocazione è divertire la gente’.”

Il dolore per la moglie Lucia

Nel 2024, Banfi ha vissuto uno dei momenti più dolorosi della sua vita: la scomparsa della moglie Lucia Lagrasta, compagna di una vita. Si erano giurati che lei sarebbe morta prima, perché non avrebbe mai saputo vivere senza di lui. E così è stato.

Il dolore è ancora vivo. Il vuoto è costante. Eppure, anche nel parlare di lei, Lino riesce a far sorridere con grazia e poesia:

“Come immagino l’aldilà? Spero abbia ragione Dino Verde, l’umorista, che diceva: il Padreterno parla napoletano, lingua universale. San Pietro parla romanaccio. La Madonna invece è veneta: ‘Comandi…’. Poi c’è uno che racconta barzellette e fa ridere tutti, e quando Dio gli chiede ‘Chi sei?’, risponde: ‘Sono Antonio, ma voi chiamatemi Totò’.”

E poi, più serio:

“Immagino l’aldilà come un posto tranquillo e accogliente, perché così Lucia me lo sta preparando.”

A quel punto Cazzullo glielo dice:

“Mi fa piangere e ridere allo stesso tempo.”

E allora l’obiettivo è raggiunto.


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