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La mazzetta, l’epica scena con Nino Manfredi e il barista: “Io aggia fa’ o caffè e me metto a fa o’ scrivano?”

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 21 mag
  • Tempo di lettura: 3 min
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“La mazzetta”: il giallo napoletano firmato Sergio Corbucci che racconta l’Italia del clientelismo

Nella nostra rubrica dedicata alla riscoperta delle grandi pellicole del passato, oggi vi proponiamo un tuffo nel cinema italiano degli anni ’70 con “La mazzetta”, un film che unisce il genere giallo alla brillante ironia della commedia napoletana. Diretto da Sergio Corbucci e prodotto da Filmauro nel 1978, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Attilio Veraldi, autore anche della sceneggiatura, affiancato da una squadra d’eccezione: Luciano De Crescenzo, Elvio Porta, Massimo De Rita e Dino Maiuri.

L’apporto di De Crescenzo si percepisce nitidamente nello spirito della narrazione, che, per certi versi, anticipa lo stile e la filosofia dei suoi futuri successi come Così parlò Bellavista. In particolare, la capacità di raccontare con affetto e ironia gli usi, i costumi e le contraddizioni della Napoli dell’epoca.

Il cast è di altissimo livello: Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Paolo Stoppa, Marisa Laurito, Imma Piro, Marisa Merlini, Sal Borgese e Giacomo Furia, solo per citarne alcuni.

Una Napoli tra furbizia, corruzione e commedia

Ambientato a Napoli, il film si svolge in un’Italia attraversata da una profonda crisi morale: è l’epoca d’oro del clientelismo, delle “scorciatoie”, dei favori sottobanco. Protagonista di questo microcosmo è Sasà Jovine, interpretato magistralmente da Nino Manfredi, un personaggio emblematico e grottesco. Senza alcun titolo accademico, si spaccia per avvocato e investigatore privato, conducendo i propri “affari” da un bar del centro città, che funge da studio professionale.

La sua giornata si svolge con precisione quasi rituale: arriva in auto, trova ogni mattina il posto riservato grazie a un parcheggiatore abusivo (Pietro De Vico), e viene accolto dal barista Pasquale (Giovanni Borgese), che, oltre a servire caffè, svolge maldestramente il ruolo di segretario. Quando Jovine lo rimprovera per non aver annotato correttamente le telefonate, Pasquale si giustifica con una battuta memorabile:

“E comme facc’? Io aggia fa’ o caffè e me metto a fa’ o scrivano!”

Jovine paga regolarmente i suoi “collaboratori” e si occupa di ottenere permessi e documenti in cambio di “mazzette”, ovvero tangenti, per aiutare i suoi clienti ad aprire attività commerciali, vendere sigarette di contrabbando o evitare grattacapi con le forze dell’ordine.

Due boss, due offerte: la legge della mazzetta

La situazione si complica quando viene coinvolto in una vicenda ben più pericolosa: deve ritrovare Giulia (Imma Piro), la figlia del boss don Michele Miletti (Paolo Stoppa), scomparsa con dei documenti compromettenti. Don Michele gli offre una cospicua “mazzetta” per recuperare il materiale. Ma, quasi a voler bilanciare le forze in campo, anche l’altro boss, Nicola Casali (Gennaro Di Napoli), lo ingaggia con una proposta altrettanto allettante, pur di mettere le mani su quei documenti.

A fare da contraltare a questa girandola di corruzione, il commissario Assenza, interpretato con rigore e ironia da Ugo Tognazzi, che osserva e indaga senza riuscire mai del tutto a ristabilire l’ordine.

Una commedia amara, tra noir e satira

“La mazzetta” è un film godibilissimo, che riesce a mescolare i toni del noir con la commedia all’italiana, restituendo un ritratto lucido, ironico e disilluso della Napoli di quegli anni. La regia di Sergio Corbucci trova un perfetto equilibrio tra ritmo narrativo e introspezione, mentre il cast conferisce spessore a ogni singolo personaggio, anche secondario.

Un film da (ri)scoprire per chi ama il cinema che sa raccontare l’Italia con sguardo critico ma sempre affettuoso. Un’opera che, pur parlando di un’epoca lontana, conserva una straordinaria attualità.



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