Cesare Zavattini, mancato premio Oscar del cinema italiano: “Morì mentre era in attività”
- Redazione

- 21 mag
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Cesare Zavattini, il mancato premio Oscar che ha reso grande il cinema italiano nel mondo
Per la nostra rubrica dedicata ai grandi protagonisti del cinema italiano, oggi vogliamo rendere omaggio a uno sceneggiatore e commediografo tra i più autorevoli del Novecento: Cesare Zavattini, pilastro del neorealismo, mancato premio Oscar, ma universalmente riconosciuto come figura fondamentale della cultura italiana. Zavattini è stato anche un brillante giornalista, scrittore, pittore e poeta: un uomo poliedrico, capace di imprimere il proprio segno in ogni ambito della creazione artistica.
Le origini: tra insegnamento, letteratura e giornalismo
Cesare Zavattini nacque a Luzzara, in provincia di Reggio Emilia, il 20 settembre 1902, e si spense a Roma il 13 ottobre 1989, restando attivo fino all’ultimo. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Padova, si dedicò per qualche tempo all’insegnamento, entrando in contatto con futuri giganti della letteratura come Giovannino Guareschi e Attilio Bertolucci – padre di Bernardo e Giuseppe Bertolucci.
La passione per la scrittura lo spinse, nel 1928, ad abbracciare il giornalismo. Già dal 19 agosto 1926 iniziò a collaborare con la Gazzetta di Parma. Nel 1929, durante il servizio militare a Firenze, frequentò il celebre caffè Le Giubbe Rosse, punto nevralgico per la cultura letteraria europea, dove ebbe modo di incontrare personalità del calibro di Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Elio Vittorini, Alessandro Bonsanti e molti altri.
L’approdo al cinema
Il primo contatto con il mondo cinematografico avvenne nel 1934, quando decise di affiancare alla produzione letteraria anche la scrittura di sceneggiature. Il suo debutto sul grande schermo risale al 1935, con la sceneggiatura del film Darò un milione, diretto da Mario Camerini e interpretato da Vittorio De Sica e Assia Noris. L’anno seguente collaborò con Mario Baffico per l’adattamento del romanzo La danza delle lancette di Emilio De Martino.
Tra i suoi primi successi nella commedia spicca San Giovanni Decollato (1940), per la regia di Amleto Palermi, con un cast stellare: Totò, Titina De Filippo e una giovanissima Liliana De Curtis, figlia di Totò e Diana Rogliani, che interpretava la bambina che ritira le scarpe. Un film memorabile che segna anche l’ingresso ufficiale di Zavattini tra i grandi del cinema.
Il sodalizio con De Sica e l’Oscar sfiorato
Tra le sceneggiature più celebri scritte da Zavattini figura Sciuscià (1946), diretto da Vittorio De Sica, con cui instaurò una delle collaborazioni più proficue della storia del cinema italiano. Ma il capolavoro assoluto resta Ladri di biciclette (1948), sempre diretto da De Sica, per il quale Zavattini ricevette una nomination all’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale.
Altri film indimenticabili portano la sua firma:
Roma città libera
È più facile che un cammello…
Miracolo a Milano
Cinque poveri in automobile
La passeggiata
L’oro di Napoli
La ciociara
Gli ultimi lavori e l’eredità
L’elenco delle opere firmate da Zavattini prosegue con titoli altrettanto iconici:
Matrimonio all’italiana
Ieri, oggi e domani
Caccia alla volpe
Lo chiameremo Andrea
Il viaggio
Nel 1982, ormai ottantenne, scrisse e diresse il film La veritàaaà, suggellando una carriera irripetibile.
Un genio che ha raccontato l’Italia
Cesare Zavattini ha contribuito in maniera decisiva a raccontare l’Italia del dopoguerra, trasformando la vita quotidiana, anche la più umile, in materia poetica e cinematografica. La sua scrittura, sobria e profondamente umana, è alla base dell’identità stessa del neorealismo, genere che ha fatto scuola in tutto il mondo.
Un gigante della cultura italiana, mancato all’Oscar ma amato e studiato ovunque. Le sue parole, le sue immagini e la sua visione continuano a vivere in ogni film che mette al centro la verità delle persone comuni. Zavattini non ha solo scritto il cinema: lo ha trasformato in un mezzo di verità.









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