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Acqua e sapone: "Sora Lella cucinava per tutti, ma poi ce veniva ‘n sonno…”. E Cecchi Gori si arrabbiava…

  • Immagine del redattore: Silvio Prudentino
    Silvio Prudentino
  • 20 mag
  • Tempo di lettura: 3 min
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Carlo Verdone ritiene che Acqua e sapone non sia il suo miglior film. Preferisce Borotalco.“Quando scrivemmo il film, capii che era molto carino. Però era inferiore a Borotalco”, ha raccontato Verdone. “Oggi Acqua e sapone non lo puoi toccare: il pubblico, e soprattutto le nuove generazioni che lo hanno riscoperto, si sono affezionati a quel film. Io ritengo Borotalco superiore e scritto meglio, ma Acqua e sapone funziona benissimo”.

Uscito nel 1983, quarto film alla regia per Verdone, Acqua e sapone è ormai un cult della commedia italiana. Elena Fabrizi, meglio nota come la Sora Lella, vinse il David di Donatello nel 1984 come Miglior attrice non protagonista. Verdone è anche protagonista, autore del soggetto e co-sceneggiatore.

“A Sora Lella le davi poco: le facevi fare la parte dell’imbronciata che si arrabbiava per qualcosa ed era perfetta”, ha raccontato. In lei “c’era sempre qualcosa di romano, di autentico, di sincero, e ti portava alla risata”. “Tutti noi avremmo voluto una nonna come la Sora Lella. Era una generazione piena di filosofia e piccolo sarcasmo. Una donna che capiva il mondo al volo… simpatica, spiritosa. Era una figura rassicurante di un’epoca che non c’è più”.

La Fabrizi era una forza della natura. “Era lei stessa, impressionante”, ha ricordato anche Fabrizio Bracconeri, Enzo nel film. “Una volta sul set cucinò lei: fece una pasta all’amatriciana da paura”. Verdone ricorda: “Macchinisti ed elettricisti le portavano chili di pasta. Dicevano: ‘Sora Le’, ce fa ‘na bella carbonara?’. E lei cucinava per quaranta persone”. Il problema era il sonno post-pranzo: “Veniva Cecchi Gori a dire: ‘Avete rotto co’ ‘sta pasta, qua mi fate gli straordinari!’”. Da allora Verdone le disse: “Basta, che me fai sfigurà: parto magro e finisco grasso. E poi lo dico per te, che c’hai 300 de colesterolo!”.

L’idea“Dopo il successo di Borotalco, io ed Enrico Oldoini entrammo in crisi”, racconta Verdone. “Volevamo un’altra favola di equivoci ma molto anni Ottanta”. Entrò in squadra anche Franco Ferlini. L’idea arrivò da un servizio di Carlo Sartori trasmesso in TV: il fenomeno delle baby modelle americane, truccate e indirizzate dalle madri verso il mondo della moda. “Era qualcosa di curioso, un po’ perversa”, dice Verdone. A colpirlo fu soprattutto il rapporto tra madre e figlia: la bambina “aveva una malinconia nello sguardo, violentata da flash e copertine”. Propose di raccontare questa realtà in una commedia degli equivoci.

La scelta di SandyNon fu facile trovare il volto giusto per Sandy. “Doveva avere tratti americani, non mediterranei”. Poi, il colpo di fortuna: “Andando dal mio agente, trovai una madre con una ragazzina. Le chiesi: ‘Quanti anni hai?’ – ‘Quindici’. Aveva occhi e labbra bellissimi, non perfetta, ma con un gran volto”. Era Natasha Hovey. Superò il provino, fu doppiata, ma colpì per il suo sguardo malinconico. “È stata doppiata, ma si sentiva quell’accento misto tra americano, olandese e italiano”. Verdone: “Ero sempre in apprensione. Doveva essere un film per tutti. Anche la scena a letto fu girata con delicatezza: era minorenne”.

Wilma e la scelta di Florinda Bolkan Per il ruolo della madre, Verdone pensò inizialmente a Virna Lisi, che però era impegnata. Scelse allora Florinda Bolkan, “volto severo ma adatto a una madre sergente di ferro”. Ne nacque un ottimo rapporto professionale.

Bracconeri e la Ritmo 105Bracconeri, al debutto, lavorava in un’officina dove Verdone portava la sua Ritmo 105. Gli diceva sempre: “Famme fa’ un film!”. All’inizio Verdone lo trovava troppo “caciarone”, ma lo ricordò quando cercava un dirimpettaio buffo. Lo osservò da lontano, gli piacque la gestualità. Durante il provino disse per caso: “Ammazza sto giacchetto, pare fregato a Kit Carson”. Verdone lo prese all’istante.

Il filmGirato a Roma (Nazareno, Testaccio, EUR), con scene anche a Bracciano e Formello, Acqua e sapone colpì per la fotografia della Roma anni Ottanta. La canzone degli Stadio fu scritta da un giovane Vasco Rossi. Verdone spiega: “Il film piace ai ragazzi di oggi: li riporta a un tempo che non c’è più, a musiche e colori che parlano ancora”.


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